Bevindo

BENVINDO

“Kota, vecchio, mi è successo un guaio”.
È così che inizia la storia di Benvindo. Sono in macchina con Manuel, suo zio, quando arriva la richiesta di aiuto.
La famiglia, in Angola, è la struttura base della società, ma i rapporti e le aspettative che si intrecciano al suo interno vanno al di là di quelli propri di una famiglia italiana.
Prima di essere un centro di affetti è una società di mutuo soccorso.
Ci si potrebbero aspettare legami tenui fra fratelli e sorelle che spesso sono figli di padri, o madri, diversi, e addirittura inesistenti a livello di zii, cugini, nipoti di quella prima generazione: invece, il riferimento ad un avo comune tiene unito il clan e ciascuno dei suoi membri, reciprocamente, si aspetta da tutti gli altri vitto, alloggio, soccorso, appoggio, anche, e soprattutto, se vivono a migliaia di chilometri di distanza.
Benvindo è originario della provincia di Uige, nel nord del paese, al confine con il Congo, dove ancora vive la madre, ma abita e lavora a Huambo, nel centro dell’Angola, dove cinque o sei anni fa si è trasferito Manuel, suo zio.
Il guaio di Benvindo è che ha perso due denti: gli incisivi centrali superiori. Non proprio i suoi, ma quelli della sua protesi mobile. Si erano già staccati una volta, e lui li aveva riattaccati con un po’ di collante. Per prudenza, toglieva sempre la protesi prima di mangiare, e così aveva fatto la sera prima, ma l’aveva dimenticata sul tavolo. Il mattino dopo non l’aveva trovata più, o, meglio, aveva trovato solo la protesi con la resina rosa, ma non i due denti che reggeva.
Benvindo non è uno sprovveduto, ma un commerciante di successo: rifugiato in Congo durante la guerra civile, è vissuto in Francia per quattro anni, la macchina l’ha comprata nel Dubai ed i mobili che rivende li acquista in Sudafrica, ma anche la Namibia ed il Brasile non hanno segreti per lui.
Eppure è a terra: ha perso i suoi denti davanti e non si dà pace. Cosa diranno i suoi clienti? Soprattutto: cosa penseranno?
Di qui la richiesta di aiuto allo zio, che lavora nell’Ospedale Centrale.
Manuel mi riassume la storia e mi chiede se posso vedere il nipote. Vederlo sì, ma al massimo posso dare un parere: sono a mani nude.
Andiamo al negozio di Benvindo.
Ci sediamo in un angolo appartato e il nuovo paziente mi racconta tutto da capo, cominciando da quando la madre aveva pagato per lui la protesi, 22 anni prima, in occasione del suo matrimonio, e per finire come ora fosse lui a provvedere alla madre, come lei aveva aiutato lui allora.
“Ho capito e visto tutto: basta riattaccare bene altri due denti. Un’impronta e qualche ora di lavoro”.
“Sì, ma dove?”.
Mi rivolgo a Manuel: “In ospedale non fanno questo tipo di lavoro?”.
“No”.
“Allora devi trovare un dentista privato”.
“Va bene: andrò a Windhoek”.
“Come ci vai?”
“In aereo fino alla provincia di Cunene, al confine con la Namibia, poi una giornata di pullman fino a Windhoek, la capitale”.
“Ma perché non li fai aggiustare a Huambo?”.
“Perché qui non c’è nessuno che lo faccia”.
Manuel conferma, grave.
Non ho potuto aiutare sul posto Benvindo, ma ho ridotto un po’ il suo viaggio. Ho chiamato un dentista amico a Luanda e questi si è impegnato a fare la riparazione. Di lì a due giorni.
Perché il giorno dopo lo avremmo passato in macchina.
Ho portato Benvindo a Luanda, 600 chilometri, e non proprio di autostrada, e l’ho lasciato a casa di un suo fratello, dove, accompagnato da regali e valigie, si sarebbe fermato per una settimana.
Tutto questo a Huambo. Ma dov’è, cos’è Huambo?
Huambo è la capitale della provincia omonima: con il nome di Nuova Lisbona avrebbe dovuto diventare la capitale dell’Angola al tempo dell’unione con il Portogallo. Ha un milione di abitanti e un aeroporto, ma non ha un tecnico di odontoiatria per attaccare due denti ad una protesi.
Il più vicino, fra andata e ritorno, è a 1200 chilometri di distanza, un viaggio come Roma Milano Roma, ma senza l’Autostrada del Sole.
Se questa è la situazione per le protesi, lascio immaginare il resto, ovvero il reparto di odontoiatria: una poltrona per lavorare e due stanze per il personale amministrativo.
Su questa città abbiamo deciso di concentrare gli sforzi della Fondazione Angola ONLUS.
La Fondazione fornirà all’Ospedale Centrale quattro unità di odontoiatria complete, dalla lampade, ai radiologici, agli sgabelli per gli operatori.
L’area all’interno dell’Ospedale è già stata individuata e “presto” inizieranno i lavori per adattarla all’arrivo dei macchinari donati dalla Fondazione. Il “presto”, come in Italia, è sempre relativo, ma nel protocollo d’accordo è stabilito chiaramente che le nostre attrezzature lasceranno l’Italia solo dopo che saranno terminate le installazioni per riceverli.
“Le mettiamo in magazzino?” “No, grazie. Devono essere utilizzate appena arrivano!”
Finalmente, in Angola siamo sulla strada giusta, dopo due anni di fatica, ma non ci accontentiamo. Abbiamo spostato in avanti il nostro traguardo: c’è la prevenzione da fare nelle scuole primarie, c’è la Facoltà universitaria di Odontoiatria da organizzare, c’è…
Soprattutto, mi auguro ci siano sempre gli amici che ci hanno sostenuto finora, e molti altri ancora.

Luigi Omiccioli