“O bicho comeu o meu dente”

“L’animaletto mi ha mangiato il dente!” disse subito il mio autista quando seppe che ero dentista e a Luanda per il Congresso Internazionale.
Un parlare comune, che ben si adatta alla situazione dell’odontoiatria in Angola.
La cartina della pagina precedente, tratta da Worldmapper, mostra ciascuna nazione non in base alla superficie reale, ma al numero dei dentisti che vi lavorano.
Stati Uniti, Brasile e Cina sono facilmente riconoscibili perché il numero dei dentisti che vi lavorano è proporzionato all’estensione del loro territorio; l’Italia sembra uscita da un allevamento intensivo (il numero eccede in modo sproporzionato la sua superficie e le sue necessità); l’Africa è ridotta ad uno stuzzicadenti.
Infatti stuzzica una situazione odontoiatrica che mostra in molti paesi africani la proporzione di un dentista ogni 100.000 abitanti (l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica in 1 a 1.500 il rapporto ideale), ma arriva ad uno ogni milione in Angola.
L’Angola è il punto zero, o lo zero assoluto, dell’odontoiatria al mondo. Nessuna nazione di questo nostro pianeta ha una situazione peggiore.
Drammatico! Scappiamo. Eccitante! Andiamoci.
L’eterna lotta, in tutte le occasioni, fra il pessimista e l’ottimista (l’indifferente non è contemplato) è gia stata vinta da un pezzo dall’ottimista che è in me e la sfida dell’Angola è una sfida in più, ma non diversa da quelle che la vita propone a tutti noi dalla nascita in poi.
Se si può fare qualcosa per l’Angola, facciamola. Le forze ci sono ancora, le idee e la capacità di organizzazione non mancano, il tempo si trova (tagliando un po’ le mie vacanze, ma non a scapito dei miei pazienti-amici in Italia e a Londra). Nasce da questo input la “Fondazione Angola”.
Un pugno di amici dentisti ed ecco nata la nostra “Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale”.
Per la storia, Italia ed Angola vantano da secoli rapporti privilegiati e ad un italiano, Padre Giacinto da Vetralla, si deve la prima grammatica di kikongo, la lingua indigena.
I portoghesi iniziarono nel secolo XVI la colonizzazione e la cristianizzazione dei regni africani del Congo e del Ndongo (dalla parola “re” in lingua locale, “ngola”, deriva l’attuale nome di Angola dato al secondo), ma le popolazioni locali non accettarono di buon grado la prima e videro nella seconda la possibilità di ricorrere al Vaticano in funzione antiportoghese. Per questo venne richiesto al Papa, fin dal 1618, l’invio in quei regni di missionari di nazionalità non portoghese.
Solo nel 1640, un altro Papa, Urbano VIII, aderì alle reiterate richieste ed accettò di inviare, attraverso la Congregazione De Propaganda Fide, quattro Padri Cappuccini italiani. Furono però necessari altri cinque anni per vedere il loro arrivo a Pinda, il 25 maggio 1645.
Era l’inizio della Missio Antiqua, che durerà fino al 1835, quando l’abolizione degli ordini religiosi in Portogallo ne segnò la fine in Angola. I Cappuccini sono tornati in Angola nel 1948, dando inizio alla Missio Nova.
Ai fini amministrativi, essi costituiscono la sottoprovincia di Angola, che dipende dalla Provincia Cappuccina del Veneto. Un altro dei tanti legami con l’Italia.
Per la geografia, l’Angola è un paese africano situato sotto l’equatore, a cavallo del tropico del Capricorno: è grande quattro volte l’Italia, ma la sua popolazione è solo un quarto di quella italiana, e per un terzo concentrata nella capitale Luanda. Per chi non è forte con le frazioni, diremo che la superficie è oltre 1.200.000 chilometri quadrati per circa 15.000.000 di persone, delle quali quasi 5 milioni nella capitale Luanda.
Questo è il risultato di una situazione di instabilità seguita all’indipendenza dal Portogallo (1975) e a circa trent’anni di guerra civile. Ora il paese è pacificato, ma vive le conseguenze della sua storia recente.
Solo per un esempio, Luanda ha decuplicato in soli tre anni la sua popolazione, ma le sue strutture sono in corso di adeguamento: tre o quattro ore in macchina per percorrere una diecina di chilometri sono la norma dal lunedì al venerdì.
La situazione sanitaria non può essere diversa. Da venticinque anni funziona a Luanda l’Ospedale della Divina Provvidenza, fondato ed amministrato dalla Unione Medico Missionaria Italiana: questa, nata nel 1933 da un’intuizione di Padre Diodato Desenzani, amico e collaboratore di San Giovanni Calabria, opera in Africa (Angola, Sierra Leone, Zambia), America meridionale (Brasile e Paraguay) e Asia (India).
L’ospedale della Divina Provvidenza è l’unica struttura ospedaliera privata riconosciuta dalle autorità angolane e gode di grande prestigio presso tutti i livelli della popolazione.
Situato nel quartiere di Palanca II (il palanca è l’animale simbolo dell’Angola), comprende l’ospedale propriamente detto ed una serie di “posti di salute” sparsi sul territorio con la funzione di pronto soccorso.
Nell’Ospedale funziona anche un reparto di odontoiatria, e ad esso la nostra Fondazione ha deciso di rivolgersi per iniziare la propria attività, con un primo apporto di macchinari e strumentario fin dal mese di marzo di quest’anno.
La tappa successiva, già programmata ed anzi in via di realizzazione, sarà istituire un corso di odontoiatria riservato ai medici angolani, pochi (1 ogni 10.000 abitanti), ma preparati e volenterosi.
Una facoltà di odontoiatria appartiene al futuro lontano, ma anche la marcia più lunga inizia con un piccolo passo.
L’Angola è terra per il volontariato, non per risolvere il problema del soprannumero di medici e dentisti che abbiamo in Italia: 1.000 euro sono lo stipendio mensile della più alta carica della sanità pubblica in quel paese, un punto di arrivo che nessun professionista europeo accetterebbe neanche come retribuzione di partenza, e soprattutto in un estero disagiato.
L’intervento sanitario e didattico proposto dalla Fondazione Angola è originale e mirato: non esistono iniziative analoghe o comparabili di altre nazioni. Curare è sempre, per il medico e il dentista, un momento di grande soddisfazione: non si è per caso, ma per convinzione, medici e dentisti.
Quando però il proprio lavoro assume la caratteristica dell’unicità, la soddisfazione aumenta le forze e stimola nuove iniziative. Per mio conto, ho ottenuto il riconoscimento dei miei diplomi accademici presso la Facoltà di Medicina dell’Università Agostinho Neto di Luanda e chiesta l’iscrizione anche presso il locale Ordine dei Medici, per lavorare lì, alla pari e a pieno titolo, durante i miei futuri soggiorni.
I primi mezzi per sostenere la Fondazione Angola sono stati trovati in famiglia e fra amici, collaboratori, fornitori, ma qualsiasi sostegno, e non solo materiale, è apprezzato e benvenuto. 3 euro sono sufficienti per acquistare uno specchietto. Riflettiamoci.

 Perché l’Angola sorrida