Solo l’impossibile

Me ne andavo di buon passo, attraversando la stazione di Paddington, a Londra.
Era il penultimo giorno d’inverno, il 19 marzo, San Giuseppe, il mio santo patrono di scorta. In un pazzo giorno di tempo “variabile” si erano succeduti, ed alternati, sole, neve, grandine, pioggia.
Acqua e stravento avevano appena superato le difese del mio pur generoso ombrello inglese.
Una ragazza mi porse un cartoncino e lo infilai, senza leggerlo, in una tasca della giacca.
L’ho ritrovato questa mattina, stirato e sfuggito ai controlli domestici.
Da un lato ricordava i sessant’anni (toh, come i miei) di un’associazione per la difesa delle arti, dall’altra riportava la frase only the impossible is worth the effort, solo l’impossibile vale la pena. A cosa servono le coincidenze?
A rafforzarci nel convincimento. Le sentiamo positive se abbiamo già deciso per il sì, negative se ci attanagliano dubbio, incertezza, paura.
Per me, che stavo andando dal notaio per firmare l’atto costitutivo della Fondazione Angola, l’ultima mia pazza idea, è stato un segnale positivo, un “forza, vai avanti!”.
Cos’altro pensare se non ad una missione impossibile, quando ci si trova davanti ad una nazione di quindici milioni di persone affidate a quindici dentisti e ci si mette in testa che si può fare qualcosa per cambiare la situazione?
Questo, in un rigo, il progetto e lo scopo della Fondazione Angola: fare qualcosa. 35 anni alla poltrona da dentista mi hanno insegnato quanto un piccolo gesto possa risolvere una vera sofferenza, una parola ferma indirizzare un comportamento per una vita più salutare.
È ora che io lo comunichi ad altri, ed altri lo dicano ad altri ancora.
Per i risultati parlerà il tempo: per ora lavoro con l’Ospedale Divina Provvidenza di Luanda. Sarà un’altra coincidenza, ma il nome promette bene.

Luigi Omiccioli

Nota personale
Questo articolo era contenuto nel portatile Sony Vaio da me dimenticato il 28 marzo sull’autobus che collegava l’aereo al terminal A di Fiumicino, durante il mio viaggio Genova, Roma, Lisbona, Luanda.
Accortomi pochi minuti dopo dell’accaduto, ho prima richiesto un controllo sull’autobus e poi eseguita una ricerca al deposito oggetti smarriti, sia personalmente che tramite la polizia. Il tutto con risultato negativo. Il 10 aprile ho deciso di tentare un’ultima volta.
Il mio computer mi stava aspettando e mi è stato restituito. Coincidenza o provvidenza?

 Perché l’Angola sorrida